Web magazine ambiente&ambienti-Leggiamo insieme il territorio: "Terremoto Ischia, il problema di costruire in zone a rischio"
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I danni provocati dal terremoto in alcuni casi si potevano evitare se si fossero rispettati gli standard normativi di sicurezza delle costruzioni
"Il terremoto di Ischia ha nuovamente puntato il dito contro le costruzioni, il modo in cui sono state realizzate, lo scarso rispetto delle normative di sicurezza ed un patrimonio edilizio troppo vecchio e malandato.
Gli errori si pagano cari. È questo il messaggio che dà il terremoto. Se in zone sismiche le costruzioni non sono realizzate seguendo determinati criteri di sicurezza, basta anche un terremoto di bassa magnitudo per provocare un disastro, vedi Ischia."
Non si tratta solo di abusivismo, materiali da costruzione o terreni più o meno sismici; si tratta di normative antisismiche da rispettare.
Per saperne di più abbiamo intervistato la prof.ssa Giuseppina Uva, professore associato di Tecnica delle Costruzioni al Dicatech del Politecnico di Bari, che insegna Costruzioni in Zona Sismica.
Professoressa Uva, come può un terremoto nel 2017 far cadere ancora le case?
«È ancora possibile, indipendentemente dalla gravità della pericolosità sismica. Dipende dalla vulnerabilità, quindi fragilità, delle costruzioni esistenti che è ancora elevata. Per questa ragione avvengono I disastri. Per esempio, in California ed in Giappone hanno imparato ad attuare una serie di sistemi innovativi per salvaguardare i cittadini dal terremoto, riducendo al massimo i danni strutturali degli edifici. Infatti, c’è un rinnovo frequente del patrimonio costruito, differenziando il contesto abitativo dal contesto commerciale, industriale, oppure uso uffici. Le residenze sono edifici spesso in legno e bassi, mentre gli edifici più specialistici sono costruiti con sistemi tecnologicamente avanzati e specializzati. In Italia ciò non accade per vari motivi. Inoltre, non abbiamo su tutto il territorio lo stesso rischio sismico, ma abbiamo una tradizione di conservazione delle costruzioni, sia storiche che ordinarie».
Ci sono dei materiali che possiamo ritenere più sicuri rispetto ad altri da utilizzare nelle zone sismiche?
«Più che di materiali, io parlerei di sistemi costruttivi antisismici. Il sistema prevede l’utilizzo appropriato di materiali e di tecnologia avanzata in base al territorio ed alla sua sismicità. Per esempio, nel Nord Europa si costruisce diversamente perché non esiste il rischio sismico. È chiaro che la muratura tradizionale è considerata più vulnerabile del cemento armato, piuttosto che dell’acciaio o del legno, ma tutto dipende da come è organizzato il sistema costruttivo».
Non è dunque una questione di materiali, ma di sistema costruttivo. Ma perché una struttura antica, come un acquedotto od un palazzo romani, non crollano?
«Il terremoto è un grande collaudatore. Tutto ciò che rimane in piedi vuol dire che è stato costruito a “regola d’arte”. Nell’antichità ci si basava sul “trial and error”, sulla base degli errori fatti precedentemente, si imparava a costruire bene. Le strutture importanti e nobiliari erano costruite con criterio ed ottimi materiali, mentre per il popolo si usavano materiali scadenti e tecniche approssimative. Chi poteva spendere, aveva il meglio. Il terremoto spazza via tutto quello che non funziona, l’importante è imparare da queste lezioni. Se le dimentichiamo, ci troviamo di nuovo di fronte ai disastri».
1974: la prima normativa antisismica
«Il patrimonio edilizio italiano – continua la prof.ssa Uva – è vetusto. La maggior parte delle abitazioni, orientativamente il 70%, è stata costruita prima del 1974, data della prima normativa antisismica diffusa su tutto il territorio italiano».
Quali sono i sistemi di protezione?
Un ammortizzatore fluido-viscoso per la protezione di strutture antisismiche (en.wikiversity.org)
«Il primo è il rispetto delle normative. Poi c’è l’isolamento alla base, i sistemi di dissipazione che abbassano l’impatto del terremoto, limitando i danni. L’idea è realizzare costruzioni che possano subire danneggiamenti ridotti e controllati per salvaguardare gli abitanti».
La struttura deve essere elastica, morbida e resistente allo stesso tempo, penso ai mollettoni che circondano i pilastri…
«Sì. Già nell’Antica Grecia, si mettevano pelli al di sotto dei basamenti delle colonne per ammortizzare. Oggi esistono una sorta di ammortizzatori che dissipano l’energia del terremoto, che si possono sostituire facilmente se danneggiati. Manca in Italia ancora la piena consapevolezza dell’elevata vulnerabilità delle nostre strutture, gli interventi spesso sono puramente estetici ma poco si fa per la sicurezza delle costruzioni».
Serie di isolatori sismici situato sotto il Campidoglio di Salt Lake City, sede governativa dello Stato dello Utah (foto: Mike Renlund)
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